09 luglio 2024

La pedagogia delle domande


Dove passa Gesù fiorisce lo stupore e germogliano domande.

Il vangelo di Mc 6,1-6 registra cinque domande, uscite dalla bocca dei concittadini di Gesù: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?».

Anche in altri passi della Bibbia si nota che Dio educa il suo popolo con la pedagogia delle domande.

Un detto ebraico racconta che in principio Dio creò il punto interrogativo e lo piantò nel cuore dell’uomo. Nella nostra scrittura occidentale la forma ad uncino del punto interrogativo ricorda quella di un amo da pesca che spesso la Parola di Dio lancia idealmente dentro di noi per agganciarci e tirarci a sé, per tirarci fuori - dalla superficialità nella quale spesso viviamo - verso la luce, verso il bene e il bello, verso il cambiamento di mentalità.

Le cinque domande riportate da Mc 6,1-6 nascondono però un vizio: la pretesa di avere una risposta immediata, facile, preconfezionata. Ed è il vero motivo per cui quella gente passò così in fretta dallo stupore per le parole di Gesù alla diffidenza, fino a giungere al rifiuto netto.

Lo scrittore R. M. Rilke, nelle sue “Lettere ad un giovane poeta”, esorta il suo interlocutore a «vivere bene le domande», cioè a non correre subito a cercare risposte passando in fretta da una porta all'altra, da un libro all'altro, da un maestro all'altro. Occorre, piuttosto, amare le domande, lasciarle lavorare dentro di sé, come una gestazione.

Le domande tracciano sentieri nel cuore, offrono suggerimenti, invitano ad andare oltre, sono perennemente giovani.

Gli interlocutori di Gesù, quel giorno nella sinagoga di Nazaret, non hanno saputo «stare» nelle domande, non hanno saputo accoglierle, le hanno subito soffocate sotto la coltre dei loro pregiudizi e proprio per questo il loro stupore sincero iniziale si mutò rapidamente in scandalo. 

Gesù scandalizza perché si rivela “diverso” rispetto alle nostre attese. Egli è venuto a portare un insegnamento nuovo, a mettere la persona prima della legge. E chi si uniforma alla vecchia religione non si riconosce in questo insegnamento, perché non si riconosce nel Dio che viene annunciato e rivelato: un Dio che fa grazia ad ogni figlio, al di là del merito, che diffonde misericordia senza condizioni, che fa nuove tutte le cose.

La gente del villaggio dove Gesù è cresciuto fece come noi, che amiamo andare in cerca di conferme a ciò che già pensiamo, ci nutriamo di ripetizioni e luoghi comuni, incapaci di pensare sotto un'altra luce e di lasciarci sorprendere dalla novità di Dio. 

Gesù scandalizza i suoi compaesani perché non usa il linguaggio alto e vuoto degli altri maestri d’Israele, ma adopera parole di tutti i giorni. Scandalizza per la sua semplicità e la sua vicinanza. Eppure, è proprio questa la “buona notizia” del Vangelo: un Dio che si incarna, entra dentro l'ordinarietà della nostra vita, abbraccia il mondo con tutte le sue imperfezioni. 

Afferma E. Ronchi: "Noi - come la gente ai tempi di Gesù - rischiamo di cercare Dio nell’infinito dei cieli, quando invece Dio è inginocchiato a terra con le mani nel catino per lavarci i piedi". 


Carmelo Vitellino

«Quando pregate, dite: "Padre..."» (Lc 11,2)

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